Ribadito il generico diritto di donare per le persone beneficiarie di amministrazione di sostegno, salvo limitazioni previste caso per caso dal giudice tutelare
Una beneficiaria di amministrazione di sostegno desiderava donare del denaro a ciascuno dei suoi figli. Il giudice tutelare, verificata la disponibilità del patrimonio, approvava la richiesta. Lo stesso giudice, poi, su richiesta dell’amministratore di sostegno, promuoveva giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 774, co 1, per. 1, cc, nella parte in cui nega la possibilità di fare donazioni a coloro che non hanno piena capacità di agire (e quindi anche ai beneficiari di amministrazione di sostegno che necessitano dell’autorizzazione del giudice). Il rimettente specificava che l’amministrazione di sostegno, nel tutelare le persone prive di autonomia, una volta applicata implicherebbe già una limitazione della loro capacità di agire e che pertanto, il divieto ulteriore di effettuare donazioni dirette per il tramite del soggetto incaricato di garantire loro protezione (ma solo con l'ulteriore cautela dell'autorizzazione del giudice), sarebbe lesivo de:
- la dignità della persona umana (art. 2 Cost).
- il principio di ragionevolezza (art. 3, co 1, Cost.);
- l'art. 410 cc, secondo cui l'amministratore di sostegno, nell'adempimento dell'incarico, deve tenere conto di desideri, aspirazioni e bisogni del beneficiario;
- l'art. 3, co 2, Cost., perché impedire di fare donazioni a coloro che si trovano in condizione di inabilità e infermità, ostacolerebbe il pieno sviluppo della personalità umana.
Denunciava il rischio di emarginare i beneficiari di amministrazione di sostegno, limitati dal compiere volontariamente un gesto bello, nobile e spontaneo.
Con sentenza odierna n. 114 la Consulta esclude che il divieto di donazione previsto nella disposizione censurata operi nei confronti dei beneficiari di amministrazione di sostegno, poiché esso è rivolto esclusivamente a interdetti, inabilitati e minori di età. Ammette che la L 6/2994 , introducendo l'amministrazione di sostegno, accanto ai tradizionali istituti dell'interdizione e dell'inabilitazione, ha provocato difficoltà interpretative, mancando previsioni di raccordo con le disposizioni in materia di atti personalissimi (donazioni, testamento, matrimonio), di cui il codice civile riguardo a minori, interdetti e inabilitati già si occupava con previsioni limitative. Tuttavia, la giurisprudenza ha riempito il vuoto legislativo chiarendo i rapporti tra l'amministrazione di sostegno e gli istituti dell'interdizione e inabilitazione.
Per la Consulta il provvedimento di nomina dell'amministratore di sostegno, diversamente dal provvedimento di interdizione o inabilitazione, non determina lo status di incapacità della persona a cui debbano riconnettersi automaticamente i divieti che il codice civile fa discendere per l’interdetto o l’inabilitato. Al contrario, l'amministrazione di sostegno protegge le persone con disabilità di qualunque tipo e gravità, poiché consente al giudice di adeguare la misura alla situazione concreta e di variarla nel tempo, in modo da assicurare la massima tutela a fronte del minor sacrificio della loro autodeterminazione. Anche la Cassazione interpreta le disposizioni in materia valorizzando le capacità del beneficiario non compromesse da disabilità.
Ciò che il giudice tutelare, nell'atto di nomina o in successivo provvedimento, non affida all'amministratore di sostegno resta nella completa disponibilità del beneficiario, in capo al quale si delinea una generale capacità di agire, che esclude i soli atti espressamente menzionati nel decreto istitutivo dell'amministrazione. Il giudice tutelare non si muove, come quello dell’interdizione, nell'ottica di accertare l’incapacità di agire della persona sottoposta al suo esame, ma nell’individuare gli strumenti di sostegno per le sole categorie di atti al cui compimento la ritenga inidonea. Infatti, secondo l'art. 411, co 4, per 1, cc, nel provvedimento di nomina dell'amministratore di sostegno, o successivamente, può disporre che determinati effetti, limitazioni o decadenze, previsti per l'interdetto o l'inabilitato, si estendano a chi gode dell'amministrazione di sostegno. In assenza di tale disposizione non possono ritenersi applicabili per analogia divieti e limitazioni previsti per altri soggetti.
In definitiva il beneficiario di amministrazione di sostegno conserva sempre la sua capacità di donare, salvo si ritenga di limitarla tramite l'estensione, con esplicita clausola, del divieto previsto per l'interdetto e l'inabilitato, e solo in presenza di situazioni di eccezionale gravità, tali da turbare la formazione autonoma della volontà. Non ravvisandosi nella presentazione del ricorrente alcun divieto legislativo di donare generalmente rivolto ai beneficiari di amministrazione di sostegno, la Corte Cost. rigetta i dubbi di costituzionalità sollevati.