La Corte Cost. (sentenza 16.5.2019, n. 120) spiega che l’art. 131-bis cp prevede una causa di esclusione della punibilità nei reati per i quali è prevista la pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni, nonché quelli puniti con la pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta pena detentiva (e in caso di: comportamento non abituale; esiguità del danno/pericolo; condotta colposa). Il legislatore ha tracciato una linea di demarcazione per escludere la punibilità – non l’illiceità penale – delle condotte di offensività ridotta. La tenuità è ulteriormente specificata nel comma 2 che la esclude quando l’autore ha agito per motivi abietti o futili, con crudeltà, anche in danno di animali, ha adoperato sevizie o, ancora, ha profittato delle condizioni di minorata difesa della vittima, o quando ha cagionato, non volutamente, la morte o le lesioni gravissime di una persona.
L’illiceità della condotta, anche quando il fatto è di lieve entità, risulta anche dall’art. 651-bis cpp, per cui la sentenza penale di proscioglimento per tenuità del fatto ex 131-bis cp ha in ogni caso efficacia di giudicato quanto all’accertamento della sussistenza del fatto, alla sua illiceità penale e all’affermazione che l’imputato lo ha commesso, nel giudizio civile o amministrativo per le restituzioni e il risarcimento del danno promosso nei confronti del prosciolto e del responsabile civile che sia stato citato ovvero sia intervenuto nel processo penale.
Il fatto lieve ex art. 131-bis cp, è comunque un fatto offensivo, un reato che il legislatore preferisce non punire per riaffermare la natura di extrema ratio della pena, agevolare la rieducazione del condannato, contenere il gravoso carico di contenzioso gravante sulla giurisdizione.
La norma, chiarisce la Corte, si colloca in una disciplina di settore ispirata alla stessa ratio. L’art. 27, dPR 448/1988 prevede la tenuità del fatto come presupposto perché il giudice dei minorenni possa emettere una sentenza di non luogo a procedere, avente natura sostanziale di causa di non punibilità. Parimenti l’art. 34 Dlgs 274/2000 esclude la procedibilità per i reati di competenza del giudice di pace quando il fatto è tenue. In questo caso, la nozione di tenuità del fatto risulta da fattori plurimi differenti rispetto al 131-bis cp. Gli artt. 131-bis cp, 27 dPR 448/1988 e 34 dlgs 274/2000 realizzano, sotto questo aspetto, una regolamentazione uniforme in termini di rilevanza della tenuità dell’offesa, nel nucleo essenziale, ma con vari elementi differenziali e specializzanti.
La Cassazione ha affermato che la causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto ex 131-bis cp non è applicabile nei procedimenti relativi a reati di competenza del giudice di pace. Siffatta interpretazione costituisce diritto cogente, anche in un ordinamento che non conosce lo stare decisis, e si fonda sulla riserva dell’art. 16 cp: nelle materie regolate da leggi speciali - come il dlgs 274/2000 - le disposizioni del codice penale si applicano salvo che non sia stabilito altrimenti. La legge penale speciale in questione contiene già una distinta disciplina della materia: l’art. 34 regolamenta integralmente la fattispecie del fatto tenue così da schermare l’applicabilità dell’art. 131-bis cp. Si tratta di regimi alternativi la cui divisione risiede nelle peculiarità dei reati di competenza del giudice di pace e del tribunale, i cui modelli di giustizia non sono comparabili. Il giudice di pace è chiamato a conoscere di conflitti interpersonali a carattere privato, per i quali è stato configurato un autonomo assetto sanzionatorio, nel segno della mitigazione dell’afflittività, lungo le linee della rinuncia alla pena detentiva, della centralità della pena pecuniaria e del ricorso, nei casi di maggiore gravità, a sanzioni para-detentive (permanenza domiciliare e lavoro sostitutivo). Il procedimento, improntato a snellezza, semplificazione e rapidità, non è comparabile con il procedimento ordinario e ammette sensibili deviazioni rispetto ad esso.
Per i reati di competenza sia del tribunale sia del giudice di pace rileva la particolare tenuità del fatto, ma i presupposti della non punibilità, nel primo caso, e della non procedibilità dell’azione penale, nel secondo, sono diversi. Lo scostamento maggiore risiede nella valutazione che il giudice di pace è chiamato a fare per operare un bilanciamento tra il pregiudizio per l’imputato e l’interesse della persona offesa alla prosecuzione del procedimento. Egli deve tener conto del pregiudizio che l’ulteriore corso del procedimento può recare alle esigenze di lavoro, di studio, di famiglia o di salute della persona sottoposta ad indagini o dell’imputato; pregiudizio che può concorrere a far ritenere di particolare tenuità il fatto addebitato, allargandone la portata ove non sussista un interesse della persona offesa alla prosecuzione del procedimento. Lo spettro più vasto della tenuità del fatto ex art. 34 dlgs 274/2000 incide più radicalmente sull’esercizio dell’azione penale e non già solo sulla punibilità. Infatti siffatta pronuncia del giudice di pace non è iscritta nel casellario giudiziario, a differenza della sentenza di non punibilità ex art. 131-bis cp; né, a differenza di quest’ultima, la pronuncia di improcedibilità è idonea a formare alcun giudicato sull’illiceità penale della condotta, come nella fattispecie dell’art. 651-bis cpp; per la stessa ragione, non è impugnabile dall’imputato, a differenza della sentenza di proscioglimento ex art. 131-bis cp.
La diversità emerge anche in relazione alla regola dell’improcedibilità che deriva dall’opposizione della persona offesa di fronte al giudice di pace (art. 34, co 3, dlgs 274/2000). In tal caso, l’opposizione preclude al giudice - dopo che l’azione penale è già stata esercitata non essendo stata ritenuta, in fase di indagini preliminari, la tenuità del fatto - la possibilità di rilevare in giudizio tale presupposto (cd. facoltà inibitoria o potere di veto alla possibilità di valutare successivamente la tenuità del fatto). Nell’evenienza dell’opposizione della persona offesa dopo l’esercizio dell’azione penale oppure nel caso in cui il giudice non si pronunci di sua sponte sull’improcedibilità, continua ugualmente a non applicarsi la causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cp perché come già argomentato non riguarda i reati di competenza del giudice di pace. La Cassazione consente di espandere il regime dell’art. 131 –bis, solo nell’ipotesi di connessione con altro reato di competenza del tribunale.
Ciò premesso la Corte dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale sollevata dal Tribunale di Catania.