La Corte europea dei diritti dell'uomo afferma l'obbligo di garantire all'accusato il diritto di essere presente in udienza come elemento essenziale del giusto processo (art. 6 CEDU). Il legislatore italiano, per adeguare il processo penale, ha prima modificato la disciplina della restituzione nel termine per impugnare la sentenza contumaciale, prevedendo che il contumace non dovesse più provare l'incolpevole ignoranza del procedimento e introducendo una presunzione di mancata conoscenza, salvo prova contraria (DL 17/2005). Altresì, il termine per la richiesta era stato elevato da dieci a trenta giorni dalla conoscenza dell'atto ed era stata eliminata la preclusione alla restituzione nel termine ove l'impugnazione fosse stata già proposta dal difensore. La restituzione comportava il venir meno della condanna in appello e dell'esecutività della sentenza.
Per adeguarsi maggiormente alla CEDU si è poi sostituito il rito contumaciale con la disciplina dell'assenza dell'imputato (L 67/2014 ). Non più un rimedio restitutorio a tutela del contumace, ma anticipatorio. Si garantisce il diritto alla sospensione del processo penale (art. 420-quater cpp) ove si dimostri che l’assenza derivi da incolpevole mancanza di conoscenza dello svolgimento del processo. L'istituto è destinato a trovare applicazione in primo grado e in appello, essendo previsto che il giudice dichiari la nullità della sentenza e disponga il rinvio degli atti al collega inferiore se avesse dovuto provvedere alla sospensione.
Il 30.10.2013, veniva condannato in primo grado un imputato per cessione di sostanze stupefacenti e per aver così concorso alla morte del consumatore. L'imputato, veniva dichiarato irreperibile con decreto del pm. La notificazione della citazione veniva eseguita presso il difensore d’ufficio. Il difensore adiva la Corte d’appello di Venezia, la quale, in data 28.4.2017 emanava un nuovo decreto di irreperibilità. Anche la citazione per il giudizio d’appello veniva eseguita presso il difensore. L'imputato non ha mai avuto cognizione del procedimento a suo carico in quanto fuori dall'abitazione prima del decesso del proprio cliente e prima dell'intervento della polizia giudiziaria. La mancata conoscenza del procedimento deriva anche da altri fattori: ambiente frequentato occasionalmente da soggetti sconosciuti; non essere mai stato identificato; assenza di atti giudiziari a lui direttamente notificati o da lui sottoscritti; assenza di nomina di un difensore di fiducia.
La Corte d'appello sollevava questioni di legittimità costituzionale (ordinanza 30.5.2017) in ordine alla transitorietà della nuova disciplina sull’assenza (art. 15-bis, L 67/2014) nella parte in cui non prevede la sospensione del processo (art. 420-quater cpp) anche quando è stata deliberata la sentenza di primo grado.
Considerava la disposizione in contrasto con gli artt.: 111 Cost. poiché il procedimento carente nella costituzione del rapporto processuale è ingiusto e va rinnovato, con la conseguenza che la sua celebrazione impedisce la trattazione tempestiva di altri processi; 97 Cost. in relazione ai principi di efficacia e di efficienza della giurisdizione; 24 Cost. in quanto la celebrazione del processo è inutile in ragione della non conoscenza della pendenza da parte dell'imputato.
Per il remittente, sebbene la disciplina transitoria introduca un criterio ragionevole, nel caso specifico, riconosciuta l'assoluta mancanza di conoscenza dell'imputato in ordine al processo, la continuazione di ogni attività processuale sarebbe inutile. Infatti, qualora l'imputato dovesse essere reperito dopo il passaggio in giudicato della condanna, dovrebbe essere rimesso nei termini per impugnare la sentenza di primo grado e tutta l'attività della Corte di appello andrebbe dissolta. Come anticipato, irrilevante sarebbe l'avere il difensore d'ufficio attivato autonomamente, nell'interesse dell'imputato, il giudizio di appello.
La Consulta, affrontando la questione della disposizione transitoria (sentenza 24.4.2019), nota come il rimettente abbia tenuto conto solo del comma 1, che prevede la regola dell'applicazione delle nuove disposizioni ai procedimenti in corso, salvo non sia intervenuta sentenza di primo grado alla data di entrata in vigore della legge (17.5.2014). In questo caso, il processo non può essere sospeso, ma si protrae con la disciplina processuale precedente. Tuttavia, ricorda l’esistenza del comma 2 che, in deroga al primo, prescrive che la normativa previgente si applica ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della legge quando l'imputato è stato dichiarato contumace e non è stato emesso il decreto di irreperibilità.
Interpretando la lettera della norma, la Corte Cost. presume che la nuova disciplina si possa applicare transitoriamente nei casi in cui il giudizio di primo grado non si è ancora concluso e/o c'è stata dichiarazione di irreperibilità (anche oltre il primo grado).
Tuttavia, la Consulta dichiara inammissibile le questione di legittimità costituzionale poiché il rimettente omette di interpretare congiuntamente l’art. 15-bis, anche alla luce della contraddittoria giurisprudenza di cassazione sul punto. Quest’ultima ha inizialmente affermato che, se la sentenza di primo grado è stato pronunciata prima della data di entrata in vigore della L 67/2014 il giudice dell'appello applicherà la vecchia disciplina se l'imputato è stato dichiarato contumace e non è stato emesso il decreto di irreperibilità, essendo tenuto, in caso contrario, ad applicare la nuova disciplina. Mentre successivamente ha affermato con maggiore peso che l'esaurimento del giudizio di primo grado vale come spartiacque generale: se il dispositivo di primo grado è stato pronunciato prima della data di entrata in vigore della L 67/2014, continua ad applicarsi indifferentemente e transitoriamente la disciplina del giudizio contumaciale.
Visto che nel caso di specie il giudizio di primo grado si è concluso prima dell’entrata in vigore della legge e che vi era stato il decreto di irreperibilità, se la Corte di appello avesse sollevato correttamente la questione di legittimità, potenzialmente (anche se improbabilmente considerato l’ultimo preminente indirizzo della Cassazione) si sarebbe potuto assistere a una pronuncia di illegittimità della norma censurata.