Sancita l’illegittimità della mancata cancellazione dal casellario giudiziale per i condannati ai lavori di pubblica utilità
Due Ordinanze omogenee, esperite rispettivamente dalla Corte di cassazione, Sezione prima penale e dal Tribunale ordinario di Napoli, rilevano questioni di legittimità costituzionale degli artt. 24 e 25 del D.P.R. 14 novembre 2002, n. 313 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di casellario giudiziale, di casellario giudiziale europeo, di anagrafe delle sanzioni amministrative dipendenti da reato e dei relativi carichi pendenti) in relazione al fatto di non prevedere che nel certificato generale e nel certificato penale del casellario giudiziale richiesti dall’interessato non siano riportate le iscrizioni della sentenza di condanna per il reato di cui all’art. 186 Cod. strada che sia stato dichiarato estinto ex art. 186, comma 9 -bis, per positivo svolgimento dei lavori di pubblica utilità.
Basati sulla confliggenza con i disposti 3 e 27, comma terzo della Costituzione, entrambe gli atti di rimessione criticano la mancata previsione della non menzione, nei certificati del casellario chiesti dall’interessato, dei provvedimenti concernenti la sanzione sostitutiva del lavoro di pubblica utilità, applicabile in caso di condanna per le contravvenzioni di guida sotto l’influenza dell’alcool e, più in particolare, della sentenza che dispone tale sanzione e del successivo provvedimento estintivo del reato in caso di «svolgimento positivo» del lavoro di pubblica utilità, appositamente previsti dalla norma analizzata.
Entrambe le prospettazioni richiedono una iniziativa di valenza additiva del giudicato, cui il Giudice delle leggi aderisce convenendo sulla congruità delle lesioni legislative evidenziate. Il Decreto legislativo 2 ottobre 2018, n.122, pur se emanato nelle more tra la vigenza della fonte impugnata e l’attuazione della nuova disciplina, non preclude il sindacato comparativo e non inficia la pertinenza della decisione richiesta. I valori insiti ex artt. 3 e 27, comma terzo Cost. sono disattesi dalla permanenza della soluzione regolatrice, in quanto discrimina tra gli ammessi alle mansioni di pubblica utilità e i beneficiari della messa in prova, la cui minore portata riabilitativa è stata reiteratamente affrontata e tipizzata.
Attesa la disparità di trattamento, desunta l’irragionevolezza normativa, ritenute le gravi violazioni delle posizioni individuali, il collegio giudicante perviene a deliberare l’illegittimità delle prescrizioni impugnate.