Non è discriminatorio obbligare gli affini al pagamento delle tasse di successione
Con la Legge 18 ottobre 2001, n.13, pur con successive modifiche, furono disciplinate esenzioni fiscali, a beneficio di eredi legati da rapporti di parentela, sia per le successioni sia per atti di liberalità.
La controversia de qua, conseguente all’impugnazione di una cartella esattoriale ad opera di un affine entro il terzo grado nonché donatario, vagliata nel merito dalla Commissione tributaria regionale del Molise dopo che il Collegio provinciale di Campobasso aveva disposto la reiezione dell’istanza di esenzione, si fonda sulle ipotizzate violazioni degli articoli 2, 3, 29 e 31 della Costituzione, in antitesi con il disposto 13, comma 2 della norma evocata.
L’astrattezza e la vaghezza formulativa impediscono alla Corte di sindacare la corrispondenza ex artt.2, 29 e 31, mentre risulta meritevole di approfondimento, con ammissione di valutazione, la violazione del parametro di eguaglianza di cui all’art.3 della Carta fondamentale.
L’analisi seguìta si incentra sulle motivazioni, rinvenibili nelle documentazioni sui lavori preparatori al testo legislativo, individuate non nella salvaguardia della famiglia, ma nell’emanazione di provvedimenti di rilancio dell’iniziativa economica, praticati anche attraverso una azione plurifasica del sistema tributario.
L’imposizione era stata rimossa, al fine di agevolare investimenti e destinare nuove risorse da allocare in iniziative imprenditoriali, a beneficio dei parenti e non degli affini entro il terzo grado, in quanto tra le due categorie sussistevano diversità rilevanti, atte a legittimare una asimmetria disciplinare. La medesima categoria del vincolo di affinità presenta aspetti di variegatezza ed eterogeneità, di converso al legame parentale, tali da indurre il legislatore a distinguere l’accesso all’esenzione impositiva, senza incorrere nell’inosservanza dei rigorosi limiti sostanziali sanciti costituzionalmente.
Pertanto, all’inammissibilità della questione di legittimità occorre associare la palese infondatezza della richiesta ex art.13, comma 2, della Legge 383 del 2001, ove dispone l’obbligo delle prestazioni pecuniarie per gli affini percettori di donazioni o altre liberalità.