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ergastolo ostativo

Sentenza del 13 giugno 2019 - Viola c. Italia

Pubblicato il: 22/07/2019

La Corte EDU invita il legislatore italiano a riconsiderare la compatibilità dell’ergastolo ostativo (ergastolo bianco) con l’art.3 della CEDU

Atti CEDU, Diritto Penitenziario CEDU, Diritti fondamentali detenuti, EDU, Ergastolo

Adìta dal ricorrente Marcello Viola, condannato all’ergastolo in quanto riconosciuto figura apicale di una cosca mafiosa calabrese, la Corte è stata richiamata ad esprimersi con molta nettezza sulla compatibilità della CEDU con la legislazione penale italiana.

Nello specifico il ricorrente, da anni detenuto e già sottoposto al severo regime detentivo ex art.41 bis dell’Ordinamento penitenziario, fondava la propria istanza sulla palese e reiterata violazione dell’art. 3 della Convenzione, preclusivo di ogni forma di tortura e pena configurabili in trattamenti inumani e degradanti, con la fattispecie dell’ergastolo ostativo o bianco, in forza del quale la concessione della liberazione anticipata e dei relativi benefici reclusivi è subordinata alla dimostrata collaborazione con l’autorità giudiziaria.

La norma de qua, scaturente dal combinato disposto degli artt. 4 bis e 58 ter, inseriti nell’Ordinamento penitenziario dalla Legge n.365 del 7 agosto 1992, in conversione del D.L. n.306 dell’8 giugno 1992, emanato per sopperire alla critica contingenza ingenerata dalla Strage di Capaci, è stata ripetutamente valutata dalla Corte costituzionale pienamente coerente e compatibile con le finalità propugnate dall’art.27, 3 comma della Carta fondamentale. Il proponente, già autore di analoghe istanze rigettate, rimarcava l’incomprimibilità della pena inflitta oltre alla incongruenza delle norme vigenti, nonché l’impossibilità di accedere alla dissociazione dall’organizzazione delinquenziale di origine, a fronte dei pericoli per l’incolumità personale e dei propri congiunti.

La Corte, con argomentazione incisiva e dal tono parenetico, stabilisce che:

A. la propria giurisprudenza e quella costituzionale legittimano la coerenza delle formule detentive più severe con la CEDU e con la Costituzione italiana, segnatamente con le imprescindibili finalità ex art.27, 3 comma;

B. tuttavia, se lo scopo riabilitativo caratterizza le soluzioni restrittive, in armonia con le esigenze punitive e di sicurezza generale, l’istituto dell’ergastolo ostativo confligge con l’obiettivo ex art.3 CEDU;

C. gli Stati membri sono tenuti ad avvalersi delle discrezionalità normative, di cui dispongono, per emendare le legislazioni vigenti e consentire, anche ai detenuti esclusi, l’accesso alla tipologia penale sussistente.

In assenza di un comportamento conseguente del legislatore, palesato nel mancato inserimento nei Decreti legislativi che hanno apportato modifiche alle Leggi penitenziarie, potrebbe recepire l’autorevole monito giurisdizionale il Giudice delle leggi che, in una udienza programmata per il 22 ottobre, dovrà esprimersi su un’Ordinanza di rimessione avanzata dalla Corte di Cassazione.

Alla Consulta il còmpito di precisare la differenziazione attuativa, sancita nelle Sentenze “gemelle” del 2007 (la n. 348 e 349), tra norme CEDU e dell’Unione europea, forse mediante rideterminazione del vincolo, per il Giudice comune, di non disapplicare fonti convenzionali confliggenti con le nazionali, se non in presenza di interpretazioni inequivoche.

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