Illegittimo punire ulteriormente un ergastolano non collaborante
Con due distinte Ordinanze di rimessione, esperite rispettivamente dalla Corte di cassazione e dal Tribunale di Sorveglianza di Perugia, il Giudice delle leggi è stato adito al fine di fugare ogni aspetto equivoco sul tenore dell’art.4 - bis, comma 1 Legge 26 luglio 1975, n.354, istitutiva dell’Ordinamento penitenziario.
Le fattispecie affrontate risultavano ben distinte in quanto originate da condotte ex art.416 bis Codice Penale, puntualizzate nell’adesione organica alla realtà mafiosa e nella condivisione del contesto delinquenziale organizzato. I rimettenti evidenziavano la incompatibilità della norma penitenziaria con le finalità rieducative di cui al 3 comma dell’art.27 Cost., sottolineando la disparità tra l’ammissione ai benefici per coloro che avessero effettuato una scelta di collaborazione e una netta preclusione per altri che, pur non recidendo i legami con le organizzazioni criminali, se ne fossero distaccati richiedendo la concessione dei benefici contemplati.
La Corte costituzionale dirime ogni ulteriore elemento polemico rimarcando l’estraneità della causa de qua alla fattispecie della Sentenza della Corte EDU del 13 giugno 2019 nella vicenda “Marcello Viola contro Italia” e confuta la presunzione assoluta di afferenza con la criminalità organizzata argomentando che:
- essa dovrebbe scaturire da accurate attività, investigative e di verifica giudiziaria, atte ad esautorare la finalità emendativa della pena;
- un tenore intangibile di rigidità detentiva priverebbe di senso la vigenza dell’art.27;
- il rigore invalicabile potrebbe essere confutato da allegazioni probanti di condotte rieducate e composte.
Pur se inserito in un quadro legislativo frammentato e disorganico, meritevole di un intervento riorganizzativo, l’art.4-bis, comma 1 L.354 deve essere dichiarato incostituzionale ove subordini i permessi all’obbligo della collaborazione.