Il favoreggiamento della prostituzione mantiene i caratteri di offensività
In una fattispecie penale in cui erano imputate due persone destinatarie, in solido, delle condotte illecite di aver favorito e tollerato la prostituzione all’interno del locale notturno di proprietà, il GUP del Tribunale di Reggio Emilia deferisce alla Corte costituzionale le questioni di compatibilità dell’art.3, primo comma, numeri 3) e 8), prima parte, della Legge del 10 febbraio 1958 n.75, in relazione ai disposti 13, 25 e 27 della Costituzione.
Ad avviso del rimettente le norme palesavano lacune in ordine al connotato della precisione ai fini della tassativa strutturazione offensiva delle condotte contestate. La Corte richiama, ampiamente, una accurata pronuncia del 2019, la n.141, ove si era espressa accuratamente in favore della preservazione dei parametri di perseguibilità dei comportamenti de qua, rimarcando la finalità protettiva di soggetti vulnerabili e condizionabili insita nella normativa.
La libera determinazione nella pratica del meretricio, in sé esente da configurazioni di responsabilità penale, non osta con l’estrinsecazione di azioni delinquenziali, quali la mera tolleranza abituale di simili condotte, ad opera di soggetti che potrebbero esperire attività induttive o coercitive sfocianti nella riduzione in schiavitù o nel compimento di crimini particolarmente gravi.
Ne deriva che la articolata analisi esperita nella Sentenza n.141, focalizzata sullo sfruttamento della pratica prostitutiva, impone una logica e conseguenziale estensione anche alla ipotesi della semplice forma di tolleranza, periodica o temporanea. La finalità insita nella L.75 del 1958 tende a realizzare la salvaguardia sia delle persone vincolate, con manifestazioni di violenza fisica e psicologica, alla commissione del meretricio sia coloro che deliberano, in totale autodeterminazione, una scelta comportamentale non priva di esposizione a coinvolgimenti in contesti criminosi dai quali risulta arduo esentarsi.
Nel merito della vicenda processuale, il Giudice delle leggi perviene al rigetto dell’istanza emanando una declaratoria di inammissibilità.