Garantiti i diritti delle parti nel Processo civile
La riforma del rito processuale, nella parte involgente l’impossibilità, ex art.354 del Codice di Procedura civile, di rimessione al giudice delle cure di una causa in cui l’opponente non si è avvalso della garanzia di un terzo, per asserita confliggenza con gli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione e con l’art.6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU), motiva il ricorso della Corte di appello di Milano, in ragione anche dell’eccesso di discrezionalità rivolto all’indirizzo del legislatore nazionale.
In merito, nella valutazione del proponente, la riforma de qua incontra un logico simmetrico nell’art.105 del Codice del Processo amministrativo, introdotto dal Decreto legislativo 2 luglio 2014, n.105 nonché nelle variazioni impresse al gravame dalla novella sul processo civile. Lo scrutinio costituzionale focalizza l’attenzione sull’insindacabilità delle scelte politiche, temperate esclusivamente dalla manifesta irragionevolezza e dall’arbitrarietà delle soluzioni deliberate, rilevando l’osservanza del vincolo del diritto alla difesa nel disposto 24 Cost., oltre che sulla eccezionalità, ribadita nelle antecedenti decisioni in materia, del rinvio al giudice di prima istanza, di una fattispecie inficiata da lesioni del contraddittorio e dei diritti ineliminabili delle parti.
A sostegno della impostazione la Corte impiega sia la giurisprudenza di legittimità, richiamata dalle statuizioni delle Sezioni unite civili, sia dal concorso ermeneutico del Consiglio di Stato. La modifica impressa al rito di impugnazione dalla legge 7 agosto 2012, n.134, non ha trasmutato il gravame in un’anticipazione del ricorso per cassazione, in modo che il profilo rescissorio permane insito nel secondo livello di giudizio e, unicamente in ipotesi eccezionali e tassative, è concedibile il deferimento al primo giudice. Inconferente e inappropriato risulta il raffronto con il rito amministrativo, ove l’art.105 del relativo Codice processuale trae ispirazione e finalità dal sistema civilistico, senza possibilità evocative dell’interpretazione analogica o estensiva.
All’esito delle argomentate considerazioni, viene sancita l’infondatezza della questione di legittimità costituzionale del procedimento regolato dall’art.354 C.P.C.