Giustificata l’irretroattività delle sanzioni amministrative per le regolarizzazioni dei lavoratori dipendenti
Dalla Ordinanza della Corte d’appello di Napoli conseguono dubbi sulla legittimità costituzionale dell’art. 4, comma 1, lettera b), della Legge 4 novembre 2010, n. 183 (Deleghe al Governo in materia di lavori usuranti, di riorganizzazione di enti, di congedi, aspettative e permessi, di ammortizzatori sociali, di servizi per l’impiego, di incentivi all’occupazione, di apprendistato, di occupazione femminile, nonché misure contro il lavoro sommerso e disposizioni in tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro), che sostituisce il comma 4 dell’art. 3 del Decreto Legge 22 febbraio 2002, n. 12 (Disposizioni urgenti per il completamento delle operazioni di emersione di attività detenute all’estero e di lavoro irregolare), convertito, con modificazioni, in Legge 23 aprile 2002, n. 7, come modificato dall’art. 36 -bis , comma 7, del Decreto Legge 4 luglio 2006, n. 223 (Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all’evasione fiscale), trasmutato nella Legge 4 agosto 2006, n. 248.
La norma censurata, prevedendo sanzioni amministrative pecuniarie per l’impiego di lavoratori subordinati, senza preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro da parte del datore di lavoro privato, non stabilisce che tale disposizione si applichi anche ai fatti commessi anteriormente alla sua entrata in vigore, ingenerando una violazione degli artt. 3 e 117, primo comma Cost. e del combinato disposto ex artt. 7 Convenzione europea dei Diritti dell’uomo (CEDU) e 49 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (CDFUE).
Ad avviso del Giudice a quo la sanzione amministrativa assumerebbe connotati tipicamente penali, mutuati dai criteri Engel elaborati dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo ed introdurrebbe una palese disparità di trattamento punitivo, poiché delinea una condotta meritevole di una minore afflittività senza tuttavia disporre gli effetti conseguenti.
Benché le argomentazioni denotino accuratezza concettuale e appropriatezza argomentativa, la decisione di inammissibilità della istanza non può che scaturire dalla constatazione della carenza di una adeguata impostazione interpretativa delle norme considerate omessa dal collegio rimettente.