Viziata da eccesso di delega la responsabilità patrimoniale dei dipendenti pubblici
Con una sentenza di valenza additiva e manipolativa la Corte costituzionale, dopo la decisione n.252 del 2016, è chiamata dalla Corte dei conti, sezione giurisdizionale per l’Umbria, a valutare la fondatezza delle norme in tema di responsabilità dei pubblici dipendenti.
La fattispecie principale consegue dall’emanazione di una sentenza non definitiva, mediante ordinanza, scaturita dall’iniziativa della Procura contabile umbra avverso la dipendente comunale C.S. la quale, per quattro giorni consecutivi, pur risultando in attività sino all’orario programmato delle 18, terminava in realtà in anticipo alle 17, attestando falsamente la propria presenza.
Il rimettente rileva che la sanzione irrogata di 20.000 euro, inflitta in forma equitativa, palesi l’illegittimità ex art.55-quater, comma 3-quater del Decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165 modificato ex art.1, comma 1, lettera b) D.Lgs. 20 giugno 2016, n.116 con gli artt. 3, 23 e 177, comma 1 Cost, oltre che con gli artt. 6 CEDU e 4 Protocollo addizionale n.7.
La disposizione in oggetto impone la contestazione ex officio del danno d’immagine, sanzionato con una pena pecuniaria corrispondente a sei mensilità retribuite, a latere dell’accertamento, come nel caso di specie, della lesione erariale, individuando, in forza ex art.112 Cost., nel Procuratore regionale contabile la figura preposta.
Rigettata l’istanza di partecipazione al giudizio della parte interessata, a causa della tardività della formulazione, il Collegio giudicante conviene sulla incongruenza della previsione punitiva con i princìpi di proporzionalità e gradualità sanzionatoria, espressamente imposti dalle fonti europee evocate, per giungere a riscontrare l’abuso dei poteri regolatori conferiti dal legislatore con la Legge n.124 del 2015.
Un emendamento approvato in Senato introdusse la fonte analizzata, inserendola in un contesto riservato alla trattazione dei licenziamenti del pubblico impiego, violando in tal modo i princìpi di inerenza insiti, con i vincoli temporali e di contenuto, tra le rigide limitazioni della delega normativa.
Acclarata l’illiceità principale, le censure devono inevitabilmente essere estese, per oggettiva inseparabilità cognitiva e tematica, non solo all’ultimo periodo del comma 3-quater ex art.55 D.Lgs.116 / 2016, ma anche al secondo e terzo.