Corretta la nuova determinazione degli interessi sui Buoni fruttiferi postali
Tra le ultime attività esperite dal Tribunale di Rossano calabro, incorporato negli Uffici giudiziari di Castrovillari, fu posta in essere una questione di legittimità costituzionale inerente l’art.173 del D.P.R. 29 marzo n.156 che, a sèguito di ripetute variazioni, ha introdotto modifiche dei tassi di interesse dei Buoni fruttiferi postali ritenute in contrasto con gli artt. 3, 43,47 e 97 della Carta fondamentale.
Il procedimento conseguiva da una istanza di Decreto ingiuntivo rivolta alle Poste italiane SpA, esercitata da due risparmiatori che, avendo sottoscritto nel 1983 tre Buoni fruttiferi, avevano riscosso i titoli nel 2003 percependo interessi inferiori rispetto alle condizioni previste all’atto della stipula.
Il Giudice a quo contesta la violazione dei parametri di eguaglianza (art.3), dell’impiego inappropriato del potere di esproprio (art.43), nonché della violazione delle norme sul risparmio privato (art.47) e del vincolo di imparzialità gravante sulla Pubblica Amministrazione (art.97, comma 2), cui associa la lesione del legittimo affidamento in conseguenza della mutazioni normative, posteriori alle sottoscrizioni contrattuali, in modificazione dei criteri di computo degli interessi.
La Corte rigetta i rilievi ex artt.43 e 97 Cost. a causa della vaghezza formulativa e della indeterminatezza di merito, ma, all’esito di una accurata disamina, dispone sia l’inammissibilità del petitum sia l’infondatezza dei fattori di incompatibilità di cui ai disposti 3 e 47. La motivazione è da basarsi sulla natura, connotata dalla giurisprudenza di legittimità, del Buono postale come “titolo di legittimazione” ovvero di uno strumento di investimento esposto alle alee del mercato e alle variazioni del tasso di inflazione.
Le modificazioni dei princìpi di calcolo degli interessi, prive di valenza retroattiva, sono state dettate dalle politiche di riduzione del debito pubblico, tuttavia sempre contemperate dalla protezione del risparmiatore, al quale non è stato mai suscitata attendibilità sul conseguimento di determinati benefici economici.
L’insussistenza delle argomentazioni addotte determina, pertanto, la reiezione dell’azione intrapresa dal rimettente.